
Mi chiamo Sara Moscone e, insieme a mio cugino Marco, coltivo le vigne di famiglia a Monforte d’Alba. Tre generazioni di vignaioli e ora una nuova storia, «la mia storia»: libera da condizioni e condizionamenti.
La mia storia

Vorrei rivivere la mia infanzia centomila volte.
Quando andavo dal nonno a trovarlo in cascina. Quando correvo tra i filari a raccogliere l’uva che mi impiastricciava le dita. Usavamo un tubo di gomma per imbottigliare e bisognava aspirare forte dalle damigiane finché non sentivi il liquido in bocca: aspro, forte, con una incomprensibile punta di dolcezza.
Mi sentivo libera.

I vigneti che amo
Monforte d’Alba è una terra di confine, l’emozione di un paesaggio mutevole e imprendibile.
Ci sono le vigne che guardano la piana dell’Albese e ci sono i boschi protesi verso l’Alta Langa. Ci sono versanti ripidissimi e altri dolcemente ondulati, colli solitari che si alzano all’improvviso, altri che digradano dolcemente verso la valle del fiume Tanaro, dove compaiono i campi di grano. A Monforte sorgono alcune delle colline più alte del Barolo, che superano i 500 metri di altezza e, nelle giornate di nebbia strisciante, galleggiano come isole di un mare lattiginoso.
È a Monforte che ho passato la mia infanzia.